Chip fotonici al silicio

I ricercatori del MIT hanno realizzato un chip al silicio che elimina la traduzione del segnale da ottico a elettronico per ottenere circuiti integrati

Da oltre un ventennio grandi aziende tra le quali  Intel e IBM e gruppi di ricercatori sparsi nei più prestigiosi laboratori del mondo tra cui l’ Università di Berkely e della California stanno svolgendo studi sui chip al silicio.

L’utilizzo delle fibre ottiche già da tempo ha dato ottimi risultati in quanto permettono di scambiare informazioni alla velocità della luce.  L’analisi dei segnali, tuttavia, è ancora condotta dai tradizionali chip elettronici, basati sul moto di cariche elettriche nel silicio.

Il 2011 è stato un anno caratterizzato da continue nuove pubblicazioni. Esse  aprono nuove frontiere verso la creazione di sofisticati dispositivi elettronici che sfruttano la luce al posto della corrente elettrica.

Alla metà dell’anno è stata divulgata, infatti, la scoperta di un team del California Institute of Technology che è riuscito a controllare il percorso della luce all’interno di chip al silicio bloccando ogni forma di interferenza o riflessione con altri fasci luminosi.

Il dispositivo realizzato dal team è una versione fotonica di un diodo. Esso è un componente elettronico che consente di far scorrere la corrente elettrica solo in un verso e bloccando completamente il flusso nel verso opposto.

Un ulteriore slancio al raggiungimento dell’ambizioso obiettivo è dato dal MIT che il 24 novembre 2011 ha pubblicato gli studi condotti dai proff. Vladimir Stojanovic e Rajeev Ram che hanno realizzato dispositivi capaci di  controllare la direzione della luce così come avviene oggi per la corrente nei normali diodi.

Negli odierni sistemi di comunicazione i dati viaggiano attraverso fasci di luce trasmessi attraverso fibre ottiche; una volta che il segnale ottico è giunto a destinazione è convertito in segnale elettronico, trattato attraverso circuiti elettronici e poi riconvertito in luce con l’uso del laser.

Il nuovo dispositivo potrebbe eliminare questi passaggi di conversione elettronici permettendo al segnale luminoso di essere direttamente elaborato.

Diodo per la luce

Il componente realizzato dal MIT è un vero e proprio “diodo per la luce”  che costituisce uno strumento essenziale per i chip fotonici. Esso infatti  elimina la perdita di efficienza dovuta alla “traduzione” del segnale da ottico a elettronico e viceversa. Ciò  permette di realizzare circuiti ottici integrati su silicio.

A differenza dei sistemi fotonici attuali, hanno identificato un materiale sia trasparente che magnetico. Questo è una forma di granato, minerale di colore rossastro, neosilicato con formula chimica generale X3Y2(SiO4)3 . X è un catione bivalente come Fe2+, Ca2+,Mg2+ e Y un catione trivalente come Al3+, Fe3+, Cr3+. Il granato presenta la caratteristica di avere un diverso indice di rifrazione secondo la direzione del fascio di luce a cui esso è esposto.

Prototipi di questi dispositivi sono realizzati presso i laboratori della Texas Instruments sia di dimensioni di 65 nanometri che di 32 nanometri.

Inoltre , per poter soddisfare le esigenze di larghezza di banda della prossima generazione i chip dovranno essere in grado di trasportare 128 lunghezze d’onda di  luce. Ciascuna codificata con i propri dati e, alla fine della ricezione, separare i segnali in arrivo.

I test effettuati sui chip prototipo in tal senso hanno meravigliato gli stessi ricercatori. Essi  sperano che il prossimo gruppo di prototipi possa dimostrare un’analoga efficienza nella ricezione dei segnali.

I ricercatori del MIT sono riusciti a depositare una sottile pellicola di granato coprendo la metà di un anello connesso al canale di trasmissione della luce presente all’interno del chip. In questo modo sono riusciti a far sì che la luce attraversi il chip in un’unica direzione, deviando all’interno dell’anello il fascio diretto nel senso opposto.

Il successo di tali tecnologie porterebbe innovazioni anche nel campo dei computer che diventerebbero più veloci. Ci si avvicinerebbe alla realizzazione di un computer quantistico che già un altro ricercatore del MIT, Feynman, aveva previsto nel 1981

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