Gli elastomeri sono sostanze che hanno le proprietà del caucciù cioè possono subire deformazioni elastiche ovvero di poter essere allungati in modo reversibile.
Gli elastomeri sono polimeri ad alto peso molecolare in cui i monomeri di partenza presentano doppi legami: per questi il metodo di reticolazione più largamente usato è la vulcanizzazione con lo zolfo.
Storia degli elastomeri

L’inventore della gomma fu Charles Goodyear il quale impegnò la sua vita a sperimentare manufatti in gomma naturale mescolata ad altre sostanze senza trarne alcun profitto, anzi accumulò debiti oltre ad essere inviso ai vicini di casa perché l’uso dello zolfo mescolato con la gomma provocava odori pestilenziali.
Secondo racconti dei suoi amici un giorno la moglie rincasò inaspettatamente e Goodyear, per non farsi cogliere ancora una volta intento ai suoi esperimenti nascose la miscela di gomma e zolfo nel forno della cucina. Quel giorno fu scoperta la vulcanizzazione: la miscela ottenuta, infatti si presentava più morbida, flessibile e resistente.
Vulcanizzazione
In via schematica la vulcanizzazione di un polimero insaturo può avvenire tramite radicali liberi che iniziano la reazione estraendo un atomo di idrogeno da un gruppo metilene in α al doppio legame:
R· + – CH2-C(CH3)=CH-CH2– → RH + – C·H-C(CH3)=CH-CH2–
– C·H-C(CH3)=CH-CH2– + – CH2-C(CH3)=CH-CH2– → – CH2– C· (CH3) CH-CH2– CH-C(CH3)=CH-CH2–

Nel caso della vulcanizzazione con zolfo si possono ipotizzare numerosi schemi di reazione che passano, spesso, attraverso la formazione di ponti disolfuro: tramite tale processo si realizza un legame tra le varie catene attraverso ponti di zolfo collegati in vario modo:
2 >C=CH-CR2H + Sx → >C=CH-CR2-Sx– CH2CH2CH3
La vulcanizzazione provoca, infatti, una modificazione della conformazione molecolare del polimero alla quale è dovuto l’aumento di elasticità e resistenza alla trazione e la maggior resistenza all’ossigeno atmosferico e a molte altre sostanze chimiche, oltre che l’annullamento di proprietà negative della gomma naturale quali l’abrasività e l’appiccicosità.
Nel caso di monomeri saturi, il meccanismo di reticolazione può passare attraverso la formazione di radicali liberi generati, ad esempio, mediante radiazioni ad alta energia o con sistemi contenenti zolfo che utilizzano radicali liberi generati da perossidi, che possono reagire direttamente e formare reticolazioni oppure passare attraverso altre reazioni ossidative.
I polimeri clorurati possono anche subire una deidroalogenazione(in presenza di ZnO) con formazione di insaturazioni suscettibili di vulcanizzazione con zolfo.
Lavorazione
La lavorazione degli elastomeri passa attraverso varie fasi che hanno lo scopo di ottenere una composizione adatta agli usi previsti.
Il composto di partenza può presentarsi come materiale secco o come lattice coagulabile. In quest’ultimo caso la prima operazione consiste nel coagulare ed essiccare il polimero. Qualora la coagulazione venga effettuata direttamente si ottiene il polimero in forma pura; molte volte, tuttavia, è opportuno per le successive applicazioni avere un elastomero diluito con olio oppure un materiale rinforzato con cariche. In questi casi si può far avvenire la coagulazione in presenza di olio o di nerofumo.
L’olio, agendo da plastificante e ammorbidente, riduce la viscosità dell’elastomero facilitando il mescolamento e contribuisce ad abbassare il costo del prodotto finale (oli extending). Il nerofumo disperso in acqua, con dimensione delle particelle di carbone dello stesso ordine di grandezza di quelle del lattice, è mescolato con il lattice dell’elastomero. La coprecipitazione elastomero-nerofumo fornisce una intima distribuzione di carica (masterbatching).
Additivi
I principali additivi impiegati nella tecnologia degli elastomeri sono i seguenti:
- Gli agenti di reticolazione che, a temperatura opportuna, trasformano la massa termoplastica in prodotto elastomerico; tali agenti di reticolazione sono zolfo, derivati organici dello zolfo ecc.
- Gli acceleranti che aumentano la velocità di reticolazione con zolfo come i tiazoli
- Gli attivatori che agiscono da attivanti degli acceleratori primari quali ammine primarie o miscele ossido di zinco-acidi grassi
- Le cariche che sono incorporate per migliorare le proprietà dell’elastomero, oppure, come riempitivi inerti, allo scopo di diminuire il costo; tra le cariche inerti si annoverano argilla, carbonato di calcio e talco; materiali di rinforzo quali il nerofumo, la silice e il silicato di calcio: l’effetto dell’aggiunta di nerofumo si manifesta per quasi tutti gli elastomeri in un radicale miglioramento alla resistenza a trazione e allo strappo, della resistenza all’abrasione e in un aumento di rigidità. La carica abbassa la nervosità dell’elastomero, cioè l’attitudine della molecola al recupero da una deformazione
- I plastificanti, usati per aumentare l’elasticità del polimero in fase di lavorazione e per migliorare la flessibilità del prodotto finito. Essi trovano applicazione per migliorare le prestazioni degli elastomeri nel campo delle basse temperature. Sono plastificanti chimici usati per abbassare la viscosità del materiale non vulcanizzato facilitando la lavorazione. Essi agiscono come agenti di trasporto di ossigeno che va a demolire un certo numero di catene polimeriche. Vi sono i plastificanti ad azione fisica usati per facilitare i processi di estrusione e di stampaggio e per modificare le caratteristiche del prodotto vulcanizzato. Essi non si combinano direttamente con l’elastomero, ma si interpongono tra le catene polimeriche facilitando il reciproco scorrimento; sono usati allo scopo cere, vaselina, oli paraffinici ecc.
- I lubrificanti che sono usati per facilitare il distacco dell’elastomero dalle superfici metalliche degli stampi
- Gli stabilizzanti, che sono impiegati per evitare o diminuire la degradazione. Gli elastomeri, infatti, sono più o meno stabili all’azione del calore, della luce, dell’ossigeno e dell’ozono. In particolare, polimeri contenenti delle insaturazioni residue sono soggetti ad invecchiamento che conduce a rammollimento o irrigidimento del polimero. Tale degradazione può aver luogo per rottura di catene, per reticolazione e alterazione dovuta a introduzione di altri gruppi funzionali.