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Home Chimica

Tensione di decomposizione

di Chimicamo
17 Ottobre 2022
in Chimica, Chimica Analitica
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tensione di decomposizione-chimicamo

tensione di decomposizione-chimicamo

La tensione o potenziale di decomposizione è un valore di soglia dipendente dal tipo di elettrolita necessaria perché avvenga l’elettrolisi.

Sommario nascondi
1 Comportamento degli elettroliti
2 Reazioni
3 f.e.m. e f.c.e.m
4 Polarizzazione
5 Tensione di decomposizione

Se alle due estremità di un conduttore di 1a classe (metallo, lega metallica, grafite) applichiamo tramite un generatore di corrente continua una differenza di  potenziale esso è percorso da una corrente elettrica la cui intensità (i) è inversamente proporzionale alla resistenza (R) opposta al conduttore al passaggio della corrente secondo la legge di Ohm:

i = V / R

Se invece introduciamo due lamine di un metallo in un elettrolita in una soluzione acquosa o allo stato fuso  dopo aver collegato le due lamine ai morsetti di un generatore di corrente continua, man mano che aumentiamo la tensione applicata (V), si osserva che l’intensità di corrente (i) che attraversa l’elettrolita non segue in genere l’andamento lineare previsto dalla legge di Ohm.

Comportamento degli elettroliti

Il comportamento degli elettroliti (conduttori di 2a classe) nei confronti dei metalli (conduttori di 1a classe) dipende da molti fattori:

  • natura chimica dell’elettrolita
  • elettrodi

Possiamo quindi distinguere tre casi particolari:

1)       Il caso in cui gli elettrodi della cella elettrolitica sono due lamine del medesimo metallo immerse in una soluzione contenente gli ioni del metallo. Ad esempio due lamine di rame introdotte in una soluzione contenente ioni Cu2+;

2)     Il caso in cui la natura chimica di uno solo, o di tutti e due gli elettrodi della cella elettrolitica, è diversa da quella degli ioni dell’elettrolita in cui essi sono  introdotti. Ad esempio due bastoncini di grafite immersi in una soluzione contenete cationi Cu2+ e anioni SO42-; oppure due lamine di platino immerse in una soluzione contenente cationi H+ e anioni Cl–;

3)     Infine, il caso in cui i poli di una cella galvanica sono collegati in opposizione con i poli di un generatore esterno di corrente continua.

I due elettrodi, prima che siano collegati con i poli del generatore esterno di corrente continua, formato ciascuno da una semicella galvanica Me/Men+ il cui potenziale di riduzione dato dall’equazione di Nernst:
E = E° + RT/nF ln [Men+]

È ovviamente identico per le due semicelle. Infatti sia il valore numerico di E° sia la concentrazione degli ioni Men+ è uguale per tutte e due. La cella elettrolitica è pertanto inizialmente una cella galvanica in cui la f.e.m.

Ecella = E+ – E–

è uguale a zero.

Collegando poi i due elettrodi della cella ai poli del generatore di c.c.  e aumentando la tensione applicata a partire da zero tensione, si registra nel circuito elettrolitico un’intensità di corrente il cui andamento segue inizialmente la legge di Ohm.

Reazioni

Tale passaggio di corrente è dovuto al fatto che avviene al catodo una riduzione, mentre all’anodo avviene ossidazione. Se i due elettrodi della cella elettrolitica sono di rame e la soluzione sottoposta ad elettrolisi contiene ioni Cu2+, le reazioni elettrodiche sono le seguenti:

catodo (-) Cu2+ + 2 e– = Cu   riduzione

anodo (+) Cu = Cu2+ + 2 e–   ossidazione

Durante l’elettrolisi:

  • la zona della soluzione a diretto contatto con il catodo si impoverisce di ioni Cu2+ dato che questi si riducono allo stato di atomi neutri
  • la zona della soluzione a diretto contatto con l’anodo si arricchisce di ioni Cu2+ che provengono dalla dissoluzione della lamina di rame che funziona da anodo.

Accade  che i potenziali dei due semielementi galvanici inizialmente uguali, con il procedere dell’elettrolisi man mano divergono:

  • quello collegato con il polo positivo del generatore esterno diventa via via sempre più positivo perché aumenta nella zona anodica la concentrazione degli ioni del metallo
  • quello collegato al polo negativo del generatore diviene via via sempre meno positivo perché diminuisce la concentrazione degli ioni del metallo nella zona catodica.
  Granelli di polvere nel gas interstellare

f.e.m. e f.c.e.m

A causa della concomitanza di questi due fenomeni nell’interno della cella elettrolitica si crea una cella galvanica la cui f.e.m. aumenta con il procedere dell’elettrolisi. Questa f.e.m. indotta è detta forza contro-elettro-motrice (f.c.e.m.) in quanto si oppone a quella applicata dall’esterno.

L’elettrodo collegato al polo positivo del generatore diventa il polo positivo della pila indotta, dato che il suo potenziale di riduzione, calcolato con l’equazione di Nernst , è quello più positivo.

L’elettrodo collegato al polo negativo del generatore diventa il polo negativo della pila indotta, dato che il suo potenziale di riduzione è quello meno positivo.

Polarizzazione

Pertanto, quando agli elettrodi di una tale cella elettrolitica è applicata una data tensione, accade che l’intensità di corrente che attraversa il circuito è minore di quella prevedibile dalla legge di Ohm.

Ad un simile fenomeno è dato il nome di polarizzazione. Poiché la polarizzazione è causata da gradienti di concentrazione ai due elettrodi della cella, essa è più propriamente indicata con il nome di polarizzazione di concentrazione.

Se l’elettrolisi è effettuata sotto energica agitazione, tale fenomeno è molto meno accentuato. Quando si fa l’elettrolisi di una soluzione in cui sono introdotti due elettrodi indifferenti, ovvero conduttori di 1a classe in cui la natura chimica è diversa da quella degli ioni contenuti nella soluzione sottoposta ad elettrolisi, applicando ai due elettrodi una tensione via via crescente, inizialmente l’amperometro non segnala alcuna apprezzabile intensità di corrente, né si osserva nella cella elettrolitica alcun fenomeno di ossidazione anodica e di riduzione catodica. Solo quando la tensione applicata dall’esterno assume un certo valore, l’elettrolisi ha inizio e l’amperometro da quel punto in poi segnala un’intensità di corrente che segue la legge di Ohm.

Tensione di decomposizione

Questa tensione Vd che bisogna applicare agli elettrodi affinché si verifichi l’elettrolisi di un elettrolita dipende dalla natura di un elettrolita è detta tensione di decomposizione il cui valore numerico dipende sia dalla sua concentrazione nella soluzione che dalle condizioni operative dell’elettrolisi come natura chimica, temperatura e forma degli elettrodi.

Se ai poli del generatore di c.c. sono collegati in opposizione i poli di una pila come, ad esempio una pila formata da un elettrodo standard di rame e da un elettrodo standard di argento:
(-) Cu/Cu2+ ( 1 M ) // Ag+ ( 1 M )/ Ag (+)

la sua f.e.m. è pari a:

Ecella = E+ – E– = 0.80 – 0.34 = 0.46 V

Se applichiamo agli elettrodi di questa pila la tensione minore di 0.46 V la cella elettrolitica funziona da cella galvanica. L’amperometro segnala una corrente elettrica che è fornita dalla pila a spese delle reazioni elettrodiche spontanee:

anodo (-) Cu = Cu2+ + 2 e–   ossidazione

catodo (+) Ag+ + 1 e– = Ag   riduzione

Applicando, invece agli elettrodi della pila una tensione superiore a 0.46 V l’amperometro registra una corrente elettrica. Il suo verso è contrario a quello precedente in quanto la cella funziona da vera e propria cella elettrolitica. In tal caso agli elettrodi della cella si verificano le stesse reazioni sopra indicate che procedono, tuttavia, nel verso contrario.

 

Tags: elettrodielettrolisielettrolitigrafite

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Massimiliano Balzano, ideatore e creatore di questo sito; dottore di Scienza e Ingegneria dei Materiali presso l’Università Federico II di Napoli. Da sempre amante della chimica, è cultore della materia nonché autodidatta. Diplomato al Liceo Artistico Giorgio de Chirico di Torre Annunziata.


Maurizia Gagliano, ha collaborato alla realizzazione del sito. Laureata in Chimica ed iscritta all’Ordine professionale. Ha superato il concorso ordinario per esami e titoli per l’insegnamento di Chimica e Tecnologie Chimiche. Docente.

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