Saggio di Marsh: analisi dell’arsenico, metodica

Il saggio di Marsh è un metodo altamente sensibile nella rilevazione dell’arsenico utilizzato nella tossicologia forense.
L’arsenico è un elemento noto fin dall’antichità per i suoi usi sia in campo medico che come veleno.

Composti organici dell’arsenico che sono scarsamente assorbiti dall’organismo  erano utilizzati, ad esempio, per la cura della sifilide e, ai tempi di Marco Polo veniva usato in Cina come curativo della malaria. L’arsenico è noto per essere un efficace veleno e fu detto veleno dei re e re dei veleni.

Quando i romani scoprirono l’arsenico, nelle miniere del Monte Amiata nel III secolo a.C., venne  rivoluzionata la pratica dell’avvelenamento: è infatti sufficiente  somministrare questo veleno in piccole dosi  in modo continuo per determinare un progressivo stato di debilitazione che lentamente conduce alla morte. Bisognerà attendere il Quattrocento, per vedere affermarsi sulla scena delle corti europee l’utilizzo dell’arsenico come principale ingrediente per omicidi , un mezzo silenzioso ed assolutamente efficace per eliminare politici, nemici e scomodi amanti o mariti.

Fu solo nella prima metà dell’800 che il chimico inglese James Marsh mise a punto un test in grado si rilevare piccole quantità di arsenico nelle analisi tossicologiche. Forse l’uso più famoso del saggio di Marsh fu nel processo a Marie Lafarge nel 1840, in cui l’imputata era accusata di avvelenamento del  marito.

L’ingestione di arsenico inorganico causa sintomatologia soprattutto a carico di apparato gastroenterico. I primi sintomi sono il vomito, diarrea, disidratazione, dolore addominale, polso rapido e debole, ipotermia, debolezza fino a collasso e morte.

Metodica del saggio di Marsh

Nel saggio di Marsh un campione in cui si sospetta possa essere presente arsenico è trattato con zinco e acido solforico; tenendo conto che l’ossido di arsenico (III) è la sostanza più comune e più tossica dell’arsenico avvengono le due semireazioni:

ossidazione: Zn → Zn2+ + 2 e

riduzione: As2O3 + 6 H+ + 12 e → 2 As3- + 3 H2O

la reazione complessiva è pertanto:

As2O3 + 6 Zn + 6 H+ → 2 As3- + 6 Zn2+ + 3 H2O

In ambiente acido lo ione As3- forma l’arsina AsH3 ; aggiungendo 6 H2SO4 ad ambo i membri si ha:

As2O3 + 6 Zn + 6 H+  + 6 H2SO4  → 2 As3- + 6 Zn2+ + 3 H2O + 6 H2SO4

Ovvero poiché lo ione As3- si combina con lo ione H+ derivante dall’acido solforico si ha:

As2O3 + 6 Zn + 6 H+  + 6 H2SO4  → 2 AsH3 + 6 ZnSO4 + 3 H2O + 6 H+

Eliminando 6 H+ presente sia a sinistra che a destra si ottiene infine:

As2O3 + 6 Zn + 6 H2SO4  → 2 AsH3 + 6 ZnSO4 + 3 H2O

L’arsina gassosa eventualmente sviluppatasi a causa della presenza di arsenico è convogliata in un tubo che contiene cloruro di calcio che funge da essiccante. L’estremità del tubo è riscaldata per decomporre l’arsina secondo la reazione:

2 AsH3 → 2 As + 3 H2

L’arsenico metallico così formato si deposita nella parte fredda del tubo, sotto forma di macchia di colore nero splendente. Il saggio è in grado di rilevare quantità di arsenico minori di 0.1 mg.

L’eventuale presenza nel campione analizzato di antimonio dà un risposta analoga, tuttavia la macchia di arsenico è solubile, contrariamente a quella dell’antimonio, in ipoclorito di sodio.

 

 

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